I segreti delle gemme, dei diamanti, dell’oro

Ce li svelano Nicola e Francesca Romana Mossa

Personalmente concordo con il nostro Presidente Francesco Bellino: “Una serata curiosa”.

Perché, più che relazionarci essenzialmente su aspetti tecnici per quanto nel titolo della conferenza, gli oratori hanno sottolineato le emozioni che accompagnano il mondo del gioiello.

Partendo dal concetto di bellezza – la qualità capace di appagare l’animo attraverso i sensi, divenendo oggetto di contemplazione – subito il focus si è spostato sul sentimento espresso dal gioiello: ai primordi della civiltà umana usato per stabilire una relazione tra noi e la divinità, come tributo ad essa essenzialmente per accattivarcela, in seguito come dono fra noi uomini.

Malinowski, antropologo polacco naturalizzato britannico (1884 – 1942), celebre per i suoi studi etnografici nella Melanesia, espose nei suoi lavori il concetto di “reciprocità”, che in quelle culture consisteva essenzialmente nello scambio simbolico di conchiglie rosse e bianche durante incontri rituali.

Tale scambio determinava forme di solidarietà sociale e contribuiva a legare le popolazioni delle isole, a volte distanti parecchie miglia, tramite un principio di collaborazione.

Da qui l’importanza del dono.

Dono come ponte tra chi dona e chi riceve, in un movimento circolare che
crea uno scambio tra il reciproco e il gratuito, tra il generoso e il sociale,
tra l’obbligo e il piacere.

Dono all’origine stessa del legame tra gli esseri umani, gesto che fa uscire l’individuo da sé e lo mette in relazione con il diverso da sé, che fa penetrare in noi la Natura che ci circonda, come per le perle, che nell’antichità si credevano il connubio tra la luce della luna e la profondità del mare.

E il gioiello tramandato acquista un valore maggiore, non solo perché antico, ma perché legame tra chi ci ha preceduto e ci ha indicato quali strade percorrere.

Fin qui gemme o diamanti o metalli preziosi dal valore sociale, ma nel corso dei secoli fino ad oggi il significato di indossare un gioiello è profondamente mutato. Dalla corona del regnante e dalla mitra dell’alto prelato con favolose
gemme incastonate – quindi attestazione di potere – oppure dalla parure aristocratica della milady si è passati ai colliers delle stelle di Hollywood e agli anelli da 100 carati dell’alta borghesia industriale: la “democratizzazione del gioiello” che trova nel nostro contemporaneo i livelli più alti, trasformando il gioiello in oggetto di moda.

E quindi: acquistiamo un gioiello con la nostra sensibilità o secondo impulsi eteroindotti?

È questa la domanda che in conclusione ha posto Francesca Romana, esortando la platea a non dimenticare la valenza emotiva nello scegliere o nell’indossare un gioiello, gioiello che non deve essere un mero investimento, alla cui scelta abbiamo approcciato come ad un oggetto di alta tecnologia, il cui il valore venale surclassa quello emotivo.

Alle considerazioni finali del Presidente si sono aggiunte le esortazioni a Nicola perché ci regalasse qualche ricordo della sua vita precedente, spesa in giro per il mondo alla ricerca di gemme e di “emozioni”. E Nicola lo ha accontentato.

Proprio questi ultimi minuti della serata hanno confermato il rapporto intenso che si stabilisce tra un qualcosa prelevato, anche con estreme difficoltà, dalla Natura e che ha percorso migliaia di chilometri, e la pelle di una donna o di un uomo, “perché la materia non è tutto e niente è solo materia” aggiungo io, parafrasando Isaac Asimov, il mitico scrittore di fantascienza.

Buona riflessione a tutti.

Alessandra D’Ambrosio

 

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